Comune di Marcellina

Il comune di Marcellina

La storia

Il centro di Marcellina trae le sue origini da una divisione territoriale-amministrativa del comune di San Polo dei cavalieri nel quale ricadeva il territorio. Lo sviluppo del primo nucleo insediativi fu favorito in funzione aggregante offerta dalla piccola chiesa rurale di S. Maria in Monte Dominici, eretta sulle costruzioni di una villa romana. Il monastero annesso era controllato dalla famiglia Crescenzi di sabina nell’XI secolo; ad opera di papa Gregorio VII venne operato il trasferimento nei possedimenti dell’abbazia di S.Polo fuori le mura. Successivamente divenne proprietà degli Orsini alla fine del XIV sec. L’abitato odierno si sviluppa attraverso una aggregazione diffusa di abitazioni rurali che interferiscono soventemente con preesistenti resti di imponenti strutture rustico-residenziali di età romana, come il criptoportico presente nel centro di marcellina e la splendida cisterna a copertura voltata sottostante il bel complesso rustico del casale Faccenna.

Il paesaggio  
Il centro di Marcellina si sviluppa ai margini della fascia pedemontana del gruppo di Monte Gennaro, costituendo una porta di accesso privilegiato al territorio del parco proprio in virtù della posizione. Una localizzazione strategica per comprendere appieno la varietà di ambienti presenti lungo il settore Sud-occidentale, caratterizzato da un forte dislivello che, in poca distanza, conduce alle creste sommitali poste a quote di poco superiori i mille metri. Questo fattore, unitamente alla favorevole esposizione dei versanti, ha consentito uno sviluppo di formazioni forestali e consorzi floristici di particolare interesse che rappresentano un campione eloquente del margine meridionale dell’area protetta. Il paesaggio della fascia pedemontana si sviluppa sui pendii acclivi determinati da potenti accumuli di dilavamento colluvio-alluvionale dei rilievi, conoidi di deiezione, che caratterizzati da suoli profondi hanno rappresentato sin dall’antichità aree favorite per l’impianto di frutteti e oliveti. Per evitare la perdita del suolo a seguito delle operazioni di disboscamento dei versanti, per secoli è stata realizzata una rete fittissima di terrazzamenti che ha permesso lo sviluppo della coltura principe dell’area: l’olivo. Nelle porzioni marginali e poste ai confini superiori dei coltivi si sviluppa un consorzio vegetale composto da essenze arbustive termofile associate a essenze arboree che, salendo di quota, presentano caretteri maggiormente mesofili. Si tratta di formazioni boschive e a macchia con prevalenza di leccio (Quercus ilex), alaterno (Rhamnus alaternus), fillirea (Phillyrea latifolia), che localmente si associano a specie come l’orniello (Fraxinus ornus) e la roverella (Quercus pubescens). Di particolare interesse, per le implicazioni che riveste nella storia del popolamento vegetale del massiccio dei Lucretili, il contingente floristico di origine balcanica che si rinviene nell’area con essenze peculiari del settore meridionale del rilievo come lo storace (Styrax officinalis), ed altre più comuni come la carpinella (Carpinus orientalis), il terebinto (Pistacia terebinthus) e l’albero di Giuda (Cercis siliquastrum). Il superamento del forte dislivello, ad esempio attraverso la profonda e acclive incisione della Scarpellata, permette di raggiungere ambienti spiccatamente montani direttamente confinanti con quanto descritto fino adesso. Si tratta dell’area sommitale del gruppo di monte Gennaro con le morfologie carsiche delle Schiene degli Asini e dei versanti che circondano il vasto altopiano del Pratone. Qui i boschi presentano i caratteri di quelli appenninici, introducendo alle faggete più interne poste ad oriente del Pratone. Sono consorzi forestali dove prevalgono essenze quali il carpino (Ostrya carpinifolia), il cerro (Quercus cerris), l’acero di monte (Acer pseudoplatanus), l’acero d’Ungheria (Acer obtusatum), che via via lasciano spazio alla splendida e matura faggeta (Fagus sylvatica). Questa varietà di ambienti condiziona, ovviamente, la biodiversità che si registra anche negli aspetti faunistici. L’ambiente della macchia ospita una ricca comunità ornitica, costituita da tutti quei piccoli uccelli che trovano rifugio e cibo nella vegetazione intricata. L’occhiocotto (Sylvia melanocephala), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), il saltimpalo (Saxicola torquata) compiono i loro brevi e fugaci voli tra i rami delle sclerofille mentre, salendo di quota, si possono osservare i veloci voli nel bosco dello sparviero (Accipiter nisus), del raro falco pellegrino (Falco peregrinus) in quelle aree rupicole che si affacciano su spazi aperti, mentre le praterie rocciose d’altitudine sono l’ambiente adatto per la presenza di piccoli gruppi di coturnici (Alectoris graeca), uccello ormai estremamente raro sull’intera dorsale appenninica. Anche i mammiferi si diversificano a secondo gli ambienti presenti; frequenti, negli ambienti a macchia e nei coltivi della fascia pedemontana, l’istrice (Hystrix cristata) e il tasso (Meles meles). Presente la martora (Martes martes) e la puzzola (Putorius putorius) nei boschipiù maturi e frequentante indifferentemente l’intero gradiente altimetrico il cinghiale (Sus scrofa). Accertata la presenza, occasionale, del lupo (Canis lupus) nei settori più lontani dal disturbo umano.